La Scuola Del Terrore

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  1. HarryHorror
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    Ciao ragazzi, scusate l'esagerate periodo di assenza.
    Questo è un progetto che purtroppo ho accantonato per evidenti lacune tecniche, voleva avvicinarsi ad un Piccoli Brividi e dunque lo stile di scrittura non è troppo maturo.
    La storia è già bella che conclusa, tuttavia incollerò capitolo per capitolo dato che è molto lungo.
    Al di la dei problemi relativi ad alcune incongruenza sulla storia vi sono alcune mie perplessità sui tempi verbali, che ho l'impressione non siano sempre corretti ma non capisco esattamente dove non funzionino, chiedo dunque il vostro aiuto a non aver problemi di sorta ad evidenziarmeli sperando nel contempo che sia comunque gradito dal forum.


    LA SCUOLA DEL TERRORE



    CAPITOLO 1

    L'ora di matematica sembrava non dovesse finire mai e continuavo a guardare il grande orologio rotondo sulla lavagna: la lancetta dei secondi si muoveva percorrendo lentamente il quadrante mentre quella delle ore non voleva proprio saperne.
    Nel frattempo l'insegnante dal volto occhialuto parlava di numeri e calcoli, in realtà non sentivo nulla di quello che diceva tanto ero immersa nei miei pensieri.
    Mancavano solo quindici minuti alle quattro del pomeriggio, ancora un po’ di tempo e il suono della campanella avrebbe messo fino a quella sofferenza fatta di noiose espressioni matematiche e rumore di gesso sulla lavagna.

    Mi voltai verso Amanda, la mia migliore amica nonché compagna di banco.
    Lei non si era fatta alcun problema ad appoggiare la testa sul braccio e farsi un bel sonnellino sopra la morbida felpa di cotone rosa,
    strano che l'insegnante non avesse ancora notato nulla: era evidente che dormiva!
    A quella vista non riuscii a trattenere uno sbadiglio.
    Tirai un un piccolo calcio nel polpaccio ad Amanda. Nulla.
    Possibile che dormisse così profondamente?
    Provai con una più decisa gomitata: questa volta si svegliò.
    Gettò un occhiata all'orologio, poi mi rivolse lo sguardo con espressione interrogativa, quindi mi diede un'altrettanto forte gomitata e tornò ad accomodarsi sulla felpa rosa, riprendendo la sua dormita.

    I neon accesi nell'aula erano soffocanti, il grande finestrone che si affacciava sul campo da calcio era costellato da tante minuscole goccioline di pioggia che continuavano a ticchettare incessantemente, e all'orizzonte, oltre il giardino, il cielo era scuro di nuvoloni plumbei e gonfi: non facevano presagire alcun miglioramento, tutt'altro.
    Al di là del giardino vedevo muoversi nel vento le chiome del Bosco Nero, luogo di cui tutti raccontavano sinistre leggende e di apparizioni soprannaturali: non che ci abbia mai creduto, a dodici anni si smette di credere alle favole per bambini!

    L'insegnante intanto aveva chiamato alla lavagna Teo, un ragazzino impacciato e grassottello: se ne stava lì con il gessetto in mano, con tutte le mani sporche di gesso, indeciso sul da farsi.
    Il professore dopo qualche secondo di attesa sembrò esasperato, prese il gessetto dalle mani a Teo e lo mandò a posto, avvertendolo che la prossima volta avrebbe preso dei provvedimenti.
    Se mi avesse chiamata avrei fatto un ancor più magra figura.
    Ritornai con lo sguardo sull'orologio, mancavano ancora dieci minuti; doveva succedere qualcosa al tempo durante l'ora di matematica, sembrava che si allungasse e i minuti diventassero ore.

    Michael, nella fila davanti alla mia, sembrava molto attento a seguire la lezione; il gomito del braccio destro poggiava sul banco, mentre la mano sorreggeva la sua testa dai capelli castano chiari all'altezza dell'orecchio...quanto era carino!
    L'insegnante non poteva vederlo, ma dalla manica si intravedeva il filo di una cuffia ben camuffata...altro che seguire la lezione...probabilmente stava ascoltando un concerto di musica rock, a lui piaceva il rock.
    Per un attimo immaginai di lasciargli un bigliettino nella tasca del giubbotto appeso alla sedia su cui sedeva, a solo pochi centimetri dal mio banco.
    Cosa avrei potuto scrivere?
    Avevo parlato con lui si e no un paio di volte dall'inizio dell'anno, era nuovo e a quanto pare aveva fatto in fretta a stringere amicizia con tutti, tranne che con me...
    Qualsiasi cosa mi passasse in mente di scrivere sembrava così banale: se solo fossi riuscita a parlarci….gli avrei detto che anche a me piace il rock e che a casa suono la chitarra elettrica.


    Edited by HarryHorror - 21/7/2018, 22:59
     
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  2. Toshiro
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    Davvero carino, Harry.
    Il tratto da "piccoli brividi" credo si senta, nonostante sia soltanto l'incipit.
    In rosso e tra parentesi ti segno alcuni passaggi che potrebbero essere modificati: non sono errori, solo piccoli accorgimenti.

    CITAZIONE (HarryHorror @ 19/7/2018, 13:29) 
    Ciao ragazzi, scusate l'esagerate periodo di assenza.
    Questo è un progetto che purtroppo ho accantonato per evidenti lacune tecniche, voleva avvicinarsi ad un Piccoli Brividi e dunque lo stile di scrittura non è troppo maturo.
    La storia è già bella che conclusa, tuttavia incollerò capitolo per capitolo dato che è molto lungo.
    Al di la dei problemi relativi ad alcune incongruenza sulla storia vi sono alcune mie perplessità sui tempi verbali, che ho l'impressione non siano sempre corretti ma non capisco esattamente dove non funzionino, chiedo dunque il vostro aiuto a non aver problemi di sorta ad evidenziarmeli sperando nel contempo che sia comunque gradito dal forum.


    LA SCUOLA DEL TERRORE



    CAPITOLO 1

    L'ora di matematica sembrava non dovesse finire mai, (meglio mettere una congiunzione, come una "e" al posto della virgola) continuavo a guardare il grande orologio rotondo sulla lavagna: la lancetta dei secondi si muoveva percorrendo lentamente il quadrante mentre quella delle ore non voleva proprio saperne.
    Nel frattempo l'insegnante dal volto occhialuto parlava di numeri e calcoli, ("ma") in realtà non sentivo nulla di quello che diceva tanto ero immersa nei miei pensieri.
    Mancavano solo quindici minuti alle quattro del pomeriggio, ancora un po’ di tempo e il suono della campanella avrebbe messo fino a quella sofferenza fatta di noiose espressioni matematiche e rumore di gesso sulla lavagna.

    Mi voltai verso Amanda, la mia migliore amica nonché compagna di banco.
    Lei non si era fatta alcun problema ad appoggiare la testa sul braccio e farsi un bel sonnellino sopra la morbida felpa di cotone rosa, (meglio andare a capo, così da staccare rispetto al periodo precedente) strano che l'insegnante non avesse ancora notato nulla: era evidente che dormiva!
    A quella vista non riuscii a trattenere uno sbadiglio.
    Tirai un un piccolo calcio nel polpaccio ad Amanda. Nulla.
    Possibile che dormiva ("dormisse" sarebbe più appropriato) così profondamente?
    Provai con una più decisa gomitata, (meglio i : al posto della virgola) questa volta si svegliò.
    Con sguardo incerto guardò l'orologio,(meglio "gettò un'occhiata", perché subito dopo dici "mi rivolse lo sguardo") poi mi rivolse lo sguardo con espressione interrogativa, quindi mi diede un'altrettanto forte gomitata e tornò ad accomodarsi sulla felpa rosa, riprendendo la sua dormita.

    I neon accesi nell'aula erano soffocanti, il grande finestrone che si affacciava sul campo da calcio era costellato da tante minuscole goccioline di pioggia che continuavano a ticchettare incessantemente, e all'orizzonte, oltre il giardino, il cielo era scuro di nuvoloni plumbei e gonfi: non facevano presagire alcun miglioramento, tutt'altro.
    Al di là del giardino vedevo muoversi nel vento le chiome del Bosco Nero, luogo di cui tutti raccontavano sinistre leggende e di apparizioni soprannaturali: non che ci abbia mai creduto, a dodici anni si smette di credere alle favole per bambini!

    L'insegnante intanto aveva chiamato alla lavagna Teo, un ragazzino impacciato e grassottello: se ne stava lì con il gessetto in mano, con tutte le mani sporche di gesso, indeciso sul da farsi.
    Il professore dopo qualche secondo di attesa sembrò esasperato, prese il gessetto dalle mani a Teo e lo mandò a posto, avvertendolo che la prossima volta avrebbe preso dei provvedimenti.
    Se mi avesse chiamata avrei fatto un ancor più magra figura.
    Ritornai con lo sguardo sull'orologio, mancavano ancora dieci minuti; doveva succedere qualcosa al tempo durante l'ora di matematica, sembrava che si allungasse e i minuti diventassero ore.

    Michael, nella fila davanti alla mia, sembrava molto attento a seguire la lezione; il gomito del braccio destro poggiava sul banco, mentre la mano sorreggeva la sua testa dai capelli castano chiari all'altezza dell'orecchio...quanto era carino!
    L'insegnante non poteva vederlo, ma dalla manica si intravedeva il filo di una cuffia ben camuffata...altro che seguire la lezione...probabilmente stava ascoltando un concerto di musica rock, a lui piaceva il rock.
    Per un attimo immaginai di lasciargli un bigliettino nella tasca del giubbotto appeso alla sedia su cui sedeva, a solo pochi centimetri dal mio banco.
    Cosa avrei potuto scrivere?
    Avevo parlato con lui si e no un paio di volte dall'inizio dell'anno, era nuovo e a quanto pare aveva fatto in fretta a stringere amicizia con tutti, tranne che con me...
    Qualsiasi cosa mi passasse in mente di scrivere sembrava così banale: se solo fossi riuscita a parlarci….gli avrei detto che anche a me piace il rock e che a casa suono la chitarra elettrica.


    Per ora non dico di più, però rimango sintonizzato.
     
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  3. HarryHorror
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    CITAZIONE
    In rosso e tra parentesi ti segno alcuni passaggi che potrebbero essere modificati: non sono errori, solo piccoli accorgimenti.

    Grazie Toshiro, gentilissimo.
    Non sai per quanto tempo son rimasto dibattuto per quel "dormisse", mi sa devo farmi un bel ripasso dei tempi verbali altro che.
    Ho corretto seguendo le tue indicazioni ed effettivamente ora risulta molto più scorrevole!

    CAPITOLO 2

    Driiiiiiiiiiiinnnn
    Il suono della campanella mi svegliò di soprassalto facendomi vibrare i timpani.
    Con il fiatone e il cuore a mille per lo spavento mi guardai attorno:
    assolutamente nessuno! Non c'era più nessuno in classe!
    I banchi erano vuoti, soltanto i giubbotti erano rimasti appoggiati sulle sedie e gli zaini abbandonati disordinatamente sul pavimento, sulla cattedra dell'insegnante rimanevano il registro e un paio di occhiali di lettura.
    Le braccia mi dolevano per la posizione scomoda con cui mi ero addormentata sul banco: mi massaggiai i gomiti e i polsi cercando di far passare il dolore alzandomi sbigottita dalla sedia.
    Mi si gelò il sangue nelle vene quando vidi la porta dell'aula chiusa...se ne erano andati tutti e mi avevano chiusa dentro a chiave?...possibile che se ne fossero andati così, senza avvisarmi?

    Il rumore della pioggia era più forte e andava via via aumentando colpendo i vetri del finestrone a ondate intermittenti, gli alberi del giardino erano piegati da un vento fortissimo e il cielo era scuro e grigio: il tempo stava peggiorando a vista d'occhio.
    In lontananza il Bosco Nero si intravedeva, i lampi saettavano sopra le chiome con vivacità e i rombi del tuono giungevano ovattati alle mie orecchie, si sentivano come mille ululati; non saprei dire se arrivavano dagli spifferi della finestra o dal cuore di quel tetro bosco.
    Rabbrividii, indossai la giacca e riuscii a stare un po' meglio.

    Il finto scheletro che utilizzavamo per l'ora di scienze appariva nella solitudine dell'aula vuota davvero pauroso: stava appoggiato in un banco a fianco dell'armadio di metallo, la penombra in cui era immerso gli conferiva un'aria sinistra...sembrava proprio mi guardasse...aveva la bocca aperta in quello che sembrava un ghigno malefico: da un momento all'altro la mascella si sarebbe chiusa con uno scatto, e poi avrebbe iniziato a battere, e battere ancora e poi...
    Un possente rombo di tuono mi fece rizzare i capelli sulla nuca.
    Niente paura Carla, mi dissi, tra mezz'oretta sarai a casa, nella tua stanza, e potrai riprendere a studiare quel bel pezzo rock ancora inconcluso...
    Quel pensiero mi aiutò a non pensare a quelle cose strambe da film dell'orrore.

    Un lampo improvviso illuminò la classe, la luce al neon emise un ronzino e uno sfarfallio per poi spegnersi definitivamente: attorno a me piombò l'oscurità, non proprio buio, ma quel grigio piombo che solitamente scende durante un temporale estivo.
    A grandi passi mi diressi verso la porta sperando con tutte le mie forze che non fosse chiusa a chiave...per poco inciampai, non pensavo di avere così paura da non reggermi saldamente sulle gambe.
    Stavo per afferrare la maniglia quando questa prese a girare da sola, la porta si aprì improvvisamente dall'esterno e qualcuno mi investì scaraventandomi a terra.
     
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  4. Toshiro
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    Uhm
    Interessante il fatto che spezzetti in piccoli capitoli, per mettere la giusta curiosità.
    Sai cosa?
    Non so se appartieni alla generazione "anni '80", ma il pezzo con lo scheletro mi ha riportato alla mente La storia infinita, quel segmento in cui Bastiano si rifugia in soffitta.
    Comunque interessante: voglio sapere per quale motivo la protagonista si ritrovi in una situazione così assurda.
     
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  5. HarryHorror
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    CITAZIONE
    Non so se appartieni alla generazione "anni '80", ma il pezzo con lo scheletro mi ha riportato alla mente La storia infinita, quel segmento in cui Bastiano si rifugia in soffitta.

    Potrebbe essere si, La storia infinita l'ho visto un sacco di volte, tuttavia non è stata una scelta intenzionale, sarà rimasti li da qualche parte nel cervello per poi ritornare a galla solo in quel momento :D

    CAPITOLO 3

    Ero stesa sul freddo pavimento dell'aula, il giubbotto aveva attutito il colpo ma avevo battuto la testa; per un attimo vidi sfuocato e tante scintille vorticare confusamente.
    Quando rimisi a fuoco socchiudendo le palpebre vidi il volto di Michael, aveva un espressione accigliata e sorpresa.
    «...Carla...dannazione, scusami!» disse pergendomi una mano per aiutarmi a rimettermi in piedi.
    L'afferrai e mi alzai, barcollando per un attimo:
    «Cosa succede Michael...?» gli chiesi, massaggiandomi la nuca «mi sono addormentata in aula...ora mi sveglio e...» gli indicai l'aula completamente vuota.
    «Non è successo nulla Carla...» mi rispose lui abbozzando un mezzo sorriso «...la prova antincendio non ti ricordi?».
    Feci segno di no con la testa, mentre notai che laddove avevo preso il colpo stava spuntando un bel bernoccolo.
    «Prima che finisse l'ora dovevamo riunirci fuori delle aule...» continuò lui «....beh ti abbiamo vista che dormivi...anche l'insegnante ha preferito non svegliarti....sembrava parecchio infastidito...penso l'abbia fatto apposta sinceramente...».
    Era la prima volta che mi capitava una cosa del genere, non era da me addormentarmi in aula.
    «Possibile che nessuno di voi abbia pensato a svegliarmi?» gli chiesi indispettita.
    Michael si limitò a fare spallucce: «Mi dispiace...»
    Ero parecchio sconvolta...e molto arrabbiata con Amanda...che razza di amica era a lasciarmi così?
    «Fa nulla, basta che non lo rifate se la scuola va a fuoco sul serio...».
    Michael risposte alla mia battuta con una risata; per lo meno grazie a quell'inquietante equivoco ero riuscita a parlarci.

    «Quindi....sei tornato a prendermi...» gli chiesi.
    Michael sembrò per un attimo in imbarazzo e si grattò la testa, il suo volto nella penombra dell'aula senza illuminazione non si vedeva bene, ma immaginai le sue guance colorarsi di rosso.
    «Si ecco...» rispose «dovevo passare a prendere il giubbotto, vedi fuori c'è un tempaccio....»
    «Oh...», fù l'unica cosa che riuscii a ribattere.
    Come potevo essere così stupida a pensare una cosa simile? L'avevo messo anche in imbarazzo...
    Dalla tasca sentii il ronzio del telefono, lo presi e sullo schermo apparve la chiamata in arrivo da Amanda: pigiai sul pulsante di risposta.

    «Carla! Carla, sei sveglia? mi senti???»
    Dovetti immediatamente allontanare l'apparecchio dall'orecchio tanta era alta la voce con cui parlava Amanda.
    Che domanda stupida era...se ero sveglia?
    «Se rispondo sono sveglia Amanda...» la interruppi in modo brusco «piuttosto te, ti costava tanto almeno avvisarmi che stavate uscendo per la prova antincendio?»
    Ci fu un attimo di silenzio e dopo un po rispose, con tono ancor più ansioso e ad alto volume «Carla, ma non abbiamo fatto alcuna prova antincendio...» avvertii un leggero tremito «devi assolutamente uscire dall'aula...scappa!».

    Non compresi come mai tutta quell'agitazione, ma di certo stava riuscendo a spaventarmi.
    «Amanda se stai scherzando...».
    Mi interruppi, la mia voce si spezzò in gola quando notai un particolare che suonava come la nota stonata di un pianoforte.
    Nessuno aveva preso giubbotti, erano tutti lì, ancora in aula, appesi in ordine sulle sedie.
    Fuori era scoppiata una specie di tromba d'aria e nessuno aveva pensato di portarli con sé?
    «Non siamo usciti per la prova antincendio!» ora Amanda stava decisamente urlando e la sua voce mi scosse fino al midollo «siamo scappati da Michael! ...e ora sta arrivando Carla! Sta venendo a prenderti!».
     
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  6. Toshiro
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    E questo, bimbi, è il motivo per cui bisogna diffidare dei ragazzi con il ciuffo e che ascoltano rock. :Wolf:
    Scherzi a parte, sulle prime pensavo che Carla si trovasse in una sorta di Silent Hill.
    Vediamo come si evolve la situazione.
     
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  7. HarryHorror
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    CITAZIONE
    pensavo che Carla si trovasse in una sorta di Silent Hill.

    Sarebbe stata un idea imteressantissima!
    Magari la sfrutteró in un futuro racconto.
    No in realtá comunque è molto piú terra terra la trama, nel senso che c'è un po di fantasia e non ci sono spiegasioni troppo razionali ecco.
     
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6 replies since 19/7/2018, 12:29   178 views
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