|
|
Iniziai a pensare che i miei veri nemici, in quella partita, fossero glutine e grassi. - Tonno e insalata – gracchiò un clochard che non si lavava probabilmente da qualche settimana, ma aveva avuto la cura di pettinarsi i capelli indietro e raccoglierli in una coda. Una ciabatta di pane da cui facevano capolino una foglietta verde e un lembo rosato, ben visibili sotto la pellicola trasparente, fu passata al clochard. Sentii distintamente le sue unghie artigliarmi i guanti, mentre prendeva il malloppo. - Uovo, salame e maionese, per favore – mi disse con voce flautata un vecchietto con la coppola e la sciarpa rattoppata. Afferrai una seconda ciabatta dalla piccola piramide sulla mia destra e gliela passai. - Grazie – rispose a quel gesto e io mi sentii perfino in vena di sorridergli. Dal modo in cui gli angoli della mia bocca tiravano, supposi che il mio sorriso sembrasse più una colica e smisi istantaneamente di provarci.
Aracoeli, stai facendo buoni progressi in termini di EXP. Resisti. So che è alienante, ma pensa a quante persone stai aiutando a procacciarsi il cibo. suggerì con un tono caldo e incoraggiante Joseph nella mia testa.
Perfino in quell’occasione mi suonò la frase utilitaristica di una creatura ben più potente di me (con potere di vita e di morte su di me, per la precisione) che cercava di manipolarmi. Mi diede i brividi. La pelle d’oca percorse le mie braccia mentre l’aria di un tardo autunno italiano mi suggeriva di coprirmi con ben più che una maglietta a maniche lunghe, la prossima volta. Se non altro avrei potuto iniziare a mettermi dei cappelli e a non rischiare a ogni sussulto della fronte che quel mio terzo bulbo oculare fosse rivelato con facilità.
Stavo solo cercando di essere gentile! esclamò Joseph.
Tonno e insalata. Tonno e insalata. Prosciutto cotto e mozzarella. Uovo, salame e maionese. Tonno e insalata. Prosciutto cotto e mozzarella. Quella sarebbe stata la mia fine? Dare panini per beneficenza e mantenere un profilo basso? Ero stata un messia nella mia vita precedente per concludere in gloria e glutine? Tonno e insalata. Prosciutto cotto e mozzarella. Tonno e insalata.
Aracoeli, questa è vanità! mi rimbrottò Joseph, ma sapevo che era più canzonatorio e meno ammonitorio di quanto avrei pensato durante la mia vita su Marte. Mi veniva da ridere pensando a come avrei reagito, in quel contesto, con quelle conoscenze, con quella forma mentis al suono di una voce calda, impersonale e ammonitrice nella mia testa. Probabilmente mi sarei messa a piangere e strillare e sarei corsa dal primo sacerdote che potesse confessarmi, all’accampamento o al tempio più vicino. “Un’ammonizione da Dio in persona!” avrei pensato “Sono condannata alle pene dell’inferno e a non poterLo mai vedere! Devo assolutamente rimediare”. Udii i rantoli di Joseph che stava cercando evidentemente di non ridere all’idea di una Aracoeli più integralista e ignorante che correva a gambe levate. Tonno e insalata. Prosciutto cotto e mozzarella. Uovo, salame e maionese. Mi scusi, abbiamo terminato tonno e insalata. Sì, lo so, una bella grana, ma guardi com’è saporito questo salame milanese. Non le piace? Un leggerissimo prosciutto cotto e mozzarella? Perfetto, buona serata. A contribuire allo sconcerto e all’ansia della monotonia c’era anche un’ansia peggiore: il Doctor ci aveva preannunciato che qualche vicino aveva iniziato a fare domande scomode. Si trattava dei vicini buoni, quelli che si interessavano solo per genuina curiosità o sincera preoccupazione, ma qualora la cosa avesse dovuto riverberarsi anche sulla parte cattiva del vicinato, avrebbero potuto essere cazzi.
È sempre molto divertente sentire un paladino che impreca, seppur nella propria testa.
Ti hanno mai detto che sei fastidioso, Joseph?
Molto spesso, sì. Non quando ero una creatura mortale, tuttavia. All’epoca era già tanto che spiccicassi parola.
Straordinario!
Vero?
Dove saremmo andati, senza la protezione del Doctor? Un uomo territoriale, amaro verso l’umanità e poco propenso alle chiacchiere come lui non si sarebbe smanicato per trovarci un’altra sistemazione, ma forse avremmo potuto far leva sulla ricerca.
Ricorda che è a un punto morto. Vi ha analizzato in ogni minima parte, ma non ne sta ricavando niente. Potrebbe ben presto scocciarsi e non so cosa potrebbe spingerlo a continuare. incalzò Joseph.
Prosciutto cotto e mozzarella. Salame e uovo. Prosciutto cotto. Prosciutto cotto. Salame. Il tonno è finito, signore, mi dispiace. Diciamolo a tutta la fila, altrimenti arrivano qui e perdono tempo per scegliere. Un guanto bucato. Delle unghie sporche. Una mano pulita e morbida. Una manicure rossa impeccabile. Una mano dalle nocche tonde e una dalle nocche asimmetriche. Il dorso di una mano piena di cicatrici ondulate. Delle volte era un semplice sfiorarsi, altre dovevo sfuggire alle loro artigliate e altre ancora non c’era neanche un contatto. Spesso non li guardavo neanche. Mi sentivo mortificata dal mio avere pasti caldi, una sicurezza di arrivare al giorno seguente e contemporaneamente invidiare la loro condizione di pedine non giocanti. Loro potevano ignorare l’infinito susseguirsi di partite tra Dio e diavolo. Io no. Ero ormai consapevole di ciò che sarebbe venuto. E non per anni. Ma per l’eternità. Prosciutto cotto. Salame. Salame. Salame. Il salame era in recupero. Avrebbe superato l’avversario prosciutto cotto?
Dio, è questo il destino che hai deciso per me? pensai in preda alla frustrazione.
Sì. rispose secco Joseph.
Sta’ zitto! Non sei il vero Dio! lo rimbeccai mentalmente io.
Noi siamo tutti parte della Trinità, e questo lo dovresti sapere bene, paladino che non si ricorda le basi teologiche della propria religione!
A me era stato insegnato che nella Trinità c’erano Padre, Figlio e Spirito Santo, consustanziali, uno e trino. Non che c’erano Joseph e Miriam. Mai sentiti nominare!
Le realtà trascendenti vengono percepite e trasmesse con variabili e costanti. Una Maria c’è anche nella tua religione e Giuseppe è suo consorte.
Non entrare nei dettagli dell’Immacolata Concezione, potrei non volere i particolari della vita amorosa di Dio e Miriam.
Aracoeli, smettila di pensare cose ad hoc per farmi arrabbiare. É puerile. Adolesc...
Ma Joseph non finì mai quella frase. - Tonno e insalata – disse il vagabondo dall’altra parte del banchetto. Repressi l’impulso di rovesciare gli occhi e risposi, con tutta la pazienza che non avevo mai avuto in due esistenze assieme: - L’abbiamo finito, il panino col tonno e l’insalata, ma se vuole c’è… -
ARACOELI, COSTUI È UN DEMONE! rimbombò Joseph nella mia testa.
D’istinto fissai chi avevo di fronte. Passarono dieci secondi preziosi prima che potessi collegare ciò che mi aveva appena detto il giocatore nella mia testa e ciò che la cosa comportava. L’uomo era parzialmente girato, come per guardarsi intorno o cercare qualcuno (chi potrebbe mai cercare in una mensa per i poveri?). Era di costituzione media e dovevo sollevare un po’ lo sguardo per fissarlo in volto, il che voleva dire rasentare il metro e ottantacinque. Dalla porzione di viso che gli vedevo in tralice, potevo scorgere delle rughe d’espressione ben calcate nella pelle attorno ad occhi e bocca, quindi supposi si assestasse sui quarant’anni. La mano era callosa. Era abituato agli sforzi fisici, forse. Sommando tutti quegli elementi, stimai che fosse per me una minaccia alta: la mia unica speranza, fino al livellaggio che avevo raggiunto, era di battere gli avversari fisicamente e rapidamente, prima che si rendessero conto della mia identità. Non avevo vere abilità d’attacco. Solo un bulbo oculare extra. Dovevo fare affidamento, per difendermi, sul semplice allenamento di Tagliaretti. In pratica l’unica cosa su cui potevo contare era anche ben facilmente soverchiabile da una persona di quella statura, costituzione e salute. Era sbarbato, poi. E c’era un velo sottilissimo di profumo che promanava dal suo collo. Tra i capelli grigi intravidi una ricrescita castano ramata, come se si fosse tinto in precedenza e il suo colore naturale stesse emergendo dal cuoio capelluto. I vestiti che portava erano rattoppati e consunti sulle maniche, ma poco stropicciati, come se li avesse indossati da poco. Anche senza l’avvertimento di Joseph, con un’osservazione più attenta di quella che mi stavo concedendo durante il mio noioso compito di beneficenza, mi sarei resa conto che qualcosa non andava in quella persona e che si stava fingendo o si era finto qualcuno di ben diverso. Prima di scongelarmi da quella posizione di stallo, una serie di pensieri di seguito mi folgorò le capacità di rielaborazione. In primo luogo il fatto che la Trinità non fosse né così onnisciente né così onnipotente come avevo ipotizzato. Joseph si era accorto solo quando il mio palmo aveva sfiorato quella di quell’uomo che avevo di fronte un demone. Non era neanche la prima volta che capitava: dagli Evangelici un demone era stato in grado di aggredire e addirittura uccidere Santiago prima che qualcuno si accorgesse che qualcosa non andava. Perfino la Trinità era in grado di distrarsi? Su una materia delicata come il sondare le presenze demoniache nei dintorni?
Aracoeli, sono migliaia di persone che monitoriamo in ogni secondo che vi si accostano. Mentre abbiamo altri compiti o stiamo guardando le altre pedine è ovvio che la nostra attenzione si abbassa. sembrò giustificarsi Joseph.
È la cosa più importante che dovete fare, preservare le vostre pedine, nonché uno dei pochi vantaggi che abbiamo sui demoni e tu mi dici che vi distraete?! A che stavi pensando? Alla fregna?!
I paladini sono simpatici fin quando non imprecano contro di te... soggiunse amaramente Joseph.
Il vagabondo si era girato a guardarmi. Le sue guance e il mento erano coperte da una debole barba del pomeriggio che gettava ombre grigiastre sulle rughe ai lati della bocca. In quella coltre rada notai dei fili color rame. Lo sguardo era perplesso: le sopracciglia creavano una specie di arco discendente e gli occhi andavano prima alla mia mano e poi alla mia faccia, alla ricerca di una risposta a quel congelamento. Notai che le sue iridi avevano pagliuzze dorate: non troppo rare in alcuni occhi color nocciola, ma sospetti alla luce di ciò che aveva percepito Joseph. Non aveva nulla dello splendore dei demoni che avevo visto su Marte. Non aveva l’arroganza. Non aveva la favella. Non ne aveva il fascino. Era un vagabondo, come tanti se ne vedevano a Roma.
“Sulla Terra il buono e il cattivo convivono nella stessa persona e Gog e Magog non sono barricate diverse, ma si mischiano, si ibridano, si amano e si odiano...”
Quanti demoni ci erano passati accanto? Quanti ci stavano già osservando? Avevamo rinunciato a tante libertà e acquisito un basso profilo per nulla? E intanto non mi muovevo e il vagabondo era passato dalla perplessità a un’aperta espressione di incredulità, con le labbra sottili schiuse: - Mbeh? - mi ingiunse il demone.
Non osare farmi “mbeh?”! pensai indispettita. Cionondimeno non osai muovere un solo muscolo facciale: mostrare ostilità avrebbe potuto renderlo guardingo; mostrare terrore avrebbe potuto metterlo sull’attenti; mostrare qualsiasi tipo di emozione umana avrebbe potuto semplicemente firmare la mia condanna a morte. Notai il sopracciglio destro del mio interlocutore aggrottarsi. Istantaneamente una familiare sensazione di essere violata nella mia testa fece scattare cento allarmi in contemporanea. Con l’altrettanto quotidiana immagine di una saracinesca piena di tette, immaginai di occultare i miei pensieri. Pensai all’Egiziaca nel vecchio corpo. Pensai a Cassandra. Pensai a tutte le donne che avevo desiderato in vita mia e perfino alla dea degli infedeli, quella Cibele con decine di mammelle che si venerava in Oriente.
Sono ancora perplesso e basito dalla tua capacità di occlumanzia a base di immagini improprie si complimentò Joseph. Sta’ zitto, idiota! Oh, avevo dato dell’idiota a un TETTETETTETETTETETTETETTETETTE. Il vagabondo rimase a labbra schiuse, con un sopracciglio basso e uno alto, afferrò dubitosamente il panino e mi lanciò un’ultima occhiata. Lessi nelle sue iridi, sì, confusione, ma anche un po’ di disprezzo. Forse aveva pensato che fossi una folle schizofrenica o con doppia personalità. O che avessi la Sindrome di Tourette. Tanto meglio. Lo vidi allontanarsi e solo quando la sua nuca con una spruzzata di castano ramato fu a circa dieci passi iniziai a tirare un sospiro di sollievo e a sollevare la barriera di tette. Si girò un’ultima volta a fissarmi, sbattendo le palpebre come appena destato da un sogno parecchio strano, poi scrollò le spalle e se ne andò. Riprese a guardarsi intorno e la sensazione che stesse cercando qualcuno tornò a farsi strada tra le mie ipotesi. L’idea che quel qualcuno potessi essere io mi terrorizzava fino al midollo. Sentivo la schiena sudata che si raffreddava con l’aria frizzantina di Novembre; sentivo le dita che mi tremavano e un principio di cedimento sullo sfintere che prontamente dominai.
Ci è mancato cazzo poco! Troppo poco! Perché quegli altri due scopatori di cherubini mi lasciano sempre da solo a fare le cose?! imprecò nella mia testa Joseph.
- Calithea, ma stai bene? - mi chiese Artemisia con una mano gentile e rugosa sulle spalle. Quel semplice tocco ebbe il potere di quietare il mio terrore. Rimase solo l’accresciuta percezione di aver rischiato grosso e che avremmo dovuto parlare con gli altri di cosa fare. - Sì! - esclamai io, forse troppo sonoramente perché tutti sobbalzarono. - Vuoi fare una pausa, cara? - ingiunse ancora la dolce Artemisia e mai come in quel momento mi sentii coccolata da una nonna. - Sì! - esclamai, di nuovo troppo forte perché gli altri non finissero a pensare che fossi ritardata. O che avessi problemi psicologici. O qualche parentela con i pavoni, che strillavano all’improvviso come se avessero il diavolo alle calc… Ha. Hahaha. HAHAHAHAHAHAHAHA. Stava per sopraggiungere una crisi isterica e mi precipitai al cesso. Mi liberai completamente l’intestino, ridendo. Tirai lo sciacquone, ridendo. Mi lavai tutto, ridendo. Mentre di fronte allo specchio notavo di non riuscire a controllare più le palpebre ed evitare di avere gli occhi sgranati e la risata stridula, Joseph mi chiese, preoccupato:
Aracoeli, stai bene?
No, per Dio, no! Mi sono reincarnata in un corpo inadatto al combattimento e pur essendo una delle pedine d’attacco del nostro schieramento, non ho comunque abilità per far del male ai demoni. Ho mantenuto un bassissimo profilo, facendo un lavoro ingrato, noioso e alienante, in cui solo nominalmente ho aiutato le persone di questo mondo e che ha rischiato di farmi beccare non so quante volte. Ho scoperto grazie alla tua asettica spiegazione che siamo condannati a fare questa guerra per gioco ciclicamente, in una serie di universi con regolamenti, ambientazioni e personaggi diversi e che io non sono che una piccola marionetta e devo pure farmi stare bene questa condizione eterna. Dulcis in fundo, oggi mi trovo un demone a distanza di scorreggia e devo anche mantenere la calma?!
Ammirai la mia stessa forza di non urlare quelle parole e di riuscire a mantenerle in una conversazione mentale. Mi sarei data il cinque da sola per il mio autocontrollo se non avessi già rischiato di farmi prendere per pazza e rischiare così di perdere l’ultima occasione di livellaggio, per quanto ingrata, che quel mondo aveva da offrirmi. La direttrice della mensa, se mi avesse vista battermi i palmi da sola o stringermi le mani da sola, non ci avrebbe pensato su due volte prima di sbattermi fuori. O quello Stefano? Nessun dubbio che sarebbe sgattaiolato da lei a dirle “Ehi, hai presente la tizia strana? Ecco, ne ha fatta una delle sue. Secondo me è meglio che non venga più!”. Anzi, avremmo potuto anche decidere noi stessi di non farlo più, dal momento che un demone, un fottuto demone e non un indemoniato, non una cucuzza, non un ateo, non un deficiente, ma un demone balordo figlio di Lucifero e della gran bagascia di Babilonia mi si era avvicinato tanto da potermi sputare e sciogliere sul posto. Cosa avrei fatto? In che modo imbecille avrei potuto livellare? Con che lentezza esasperante? E il Doctor? Ci avrebbe cacciato di casa? E se i demoni fossero davvero in combutta con la Polizia? E se facessero una retata a casa Orsini? E se…
Aracoeli, hai davvero bestemmiato? domandò non senza una nota di risata incredula Joseph. Realizzai solo a quel punto di aver nominato invano il mio Dio, il mio sublime, assoluto, altissimo Dio. E a inizio frase, cazzo. Non c’è problema! Ho spesso bestemmiato anche io e guardami adesso!<i> soggiunse quello, sperando forse di consolarmi, ma la cosa mi mortificò ancora di più. <i>Aracoeli, adesso cerca di passarti dell’acqua fredda in viso, metti i palmi sul lavandino e respira. incalzò Joseph. Misi direttamente la faccia sotto al rubinetto e quasi mi strozzai. Tossicchiai fuori dai polmoni l’acqua e quella sensazione così umana e sciocca mi aiutò a riguadagnare equilibrio. Mi girò la testa e afferrai la ceramica del lavabo. Fissai il mio riflesso: una donna dalla pelle secca, le rughe profonde e una bandana grigia in testa mi rispose con uno sguardo alienato. Le labbra erano crepate e nulla della fresca bellezza di Marisa era rimasta, se non gli occhioni da cerbiatta, cerchiati da profonde ombre, ma ancora troppo limpidi per avere davvero l’età che cercavo di mostrare. La pozione a base di erba cipollina di Cassandra era stata venefica, ma pareva che la mia ospite non si rassegnasse a lasciarmi campo libero.
Adesso pensa con razionalità, Aracoeli! comandò il giocatore nella mia testa.
Respirai a fondo. Chiusi gli occhi. Visualizzai di nuovo il volto del demone. Da qualche parte Marisa mi rispose con un ululato nei lombi. Per l’amor del Cielo, Marisa, basta con questo amore per i galeotti!
Se anche quello fosse un demone, dubito onestamente che ti abbia scoperta. In primis perché, e sai che mi costa dirlo, sei stata brava con l’occlumanzia. Non ho mai visto occultare tanto bene un sole con un muro di tette, ma ci sei riuscita. In secondo luogo perché avrebbe di certo fatto qualcosa in più, se avesse sospettato davvero. I demoni non si fanno troppi problemi ad attaccare anche allo scoperto. Dalla sua avrebbe avuto la possibilità di una copertura per la sua vita di vagabondaggio. Ti avrebbe attaccato. Magari con una zaccagnata o una testata sui denti. Ma avrebbe fatto qualcosa. Ciò vuol dire che non ha la certezza che tu sia una pedina.
Aprii di nuovo gli occhi. Inspirai. Espirai. Convenni con quella teoria.
Pertanto, Aracoeli, questa in realtà è un’ottima occasione per osservare e spiare da vicino un demone. Non c’è margine di sconfitta: se non viene più alla mensa, puoi continuare a livellare tranquilla. Se torna alla mensa, puoi cercare di soffiargli qualche informazione extra, perfino fartelo amico.
- Joseph, davvero, ti sembro un buon diplomatico? Io? Una che lavora di fino, di spionaggio? Andiamo, su! Non siamo ridicoli! - esclamai e quando mi resi conto di averlo detto ad alta voce mi girai di 180 gradi per vedere se ci fosse qualcuno. Aprii tutti gli stalli della toilette. Mi sporsi in corridoio. Nessuno. Tirai un sospiro di sollievo.
Paladino, tu mi hai stupito. Non avrei mai tributato una così buona capacità di ritenzione delle informazioni in uno che normalmente strilla “Deus Vult!” in testa alla crociata. L’occasione è troppo ghiotta per sciuparla così. Naturalmente faremo in modo che tu non sia isolata rispetto agli altri. Potremmo coinvolgere Cassandra per avere più fuoco di copertura.
Ricordai le sterpaglie e i roghi del lago di Bracciano, l’espressione atona di Cassandra e la sua ira fredda tramutata in esaltazione, come la mia. Mi sentii istantaneamente più protetta.
Ne parleremo con D.I.O. e Miriam, e ovviamente con Giovanni d’Acquabianca e Maria Egiziaca, ma la mia proposta è questa. Tu te la senti?
Ero stata un Messia. Una persona che indagava sulle identità di chi aveva accanto, di fronte, alle spalle, perfino tra i compagni. Mi ero cacciata in situazioni ben più pericolose, anche se all’epoca ero equipaggiata, in buona forma fisica, con armi benedette. Ma non ero nuova alle operazioni sotto copertura. E ammisi che quella tettocclumanzia era efficace. Mi sarei finalmente riscattata con quella missione ad alta tensione? E, d’altronde, avrei potuto perdere qualcosa nel caso in cui le cose fossero volte al peggio?
Accetto. pensai, senza più ombra di riluttanza.
|
|